Tornando indietro nel tempo, ci imbattiamo in vicende che hanno attraversato la storia dell’Europa e che hanno inciso fortemente sul divenire della Sicilia. I luoghi interessati da questi eventi hanno subito trasformazioni “incommensurabili”, tal volta poco studiate e rappresentate. La mancanza di una “consapevolezza” storica non ha consentito alle generazioni che si sono succedute di conservare “saperi” di comunità che quasi improvvisamente, da un giorno all’altro, si sono trovate a perdere tutto, cittadinanza, beni, potere, saperi e soprattutto identità.
La nuova tendenza globale, volta a creare un sistema omologato e omologante, su scala sovranazionale, prescindendo dal contesto socio-territoriale di riferimento, ha provocato una riproduzione standardizzata dei luoghi contro la quale si sono espressi numerosi ricercatori.
Di fronte al rischio dell’omologazione, sempre più forte, l’unica possibilità di distinzione e di autoaffermazione delle differenti specificità territoriali sarà il recupero dell’identità locale.
Il territorio oggi non viene più considerato esclusivamente come un paradigma spaziale, ma come un fattore determinante nella produzione della conoscenza.
In un tale scenario, il concetto di patrimonio culturale si è progressivamente affrancato dai valori estetici e si è allargato a comprendere anche i valori sociali, etici e ambientali, includendo sia gli aspetti immateriali che gli aspetti fisici e territoriali.
I contenuti di ciò che si deve intendere per “patrimonio culturale”, quindi, riguardano una gamma di saperi molto più ampia e diversificata di quelli che, una volta venivano considerati esclusivamente oggetto di studi umanistici specifici ed esclusivi, andando a coinvolgere tutti i processi di antropizzazione rinvenibili in un ambiente (sia fisico che sociale).
In questo ambito si muove Borgo Pantano, un progetto di sviluppo locale etico-sostenibile avviato poco prima del 2000, promosso da Maria Cannuli, attraverso la società Incanti & Memorie, e perseguito oggi dai suoi discendenti. Borgo Pantano ricade nel Comune di Rometta (ME), situato a circa 6 Km dall’omonimo svincolo dell’autostrada A20 Messina-Palermo, lungo la strada provinciale che collega Rometta Mare a Rometta Monti.
Il borgo presenta un’antica e particolare stratificazione. La memoria storica degli ultimi abitanti non aiuta alla ricostruzione del passato, ma alcuni indizi sollevano degli interrogativi sorprendenti. E’ probabile che, per un istinto di conservazione, certi segmenti della storia del territorio siano stati volutamente cancellati e questa ipotesi rende la ricerca ancor più affascinante.
Il Borgo infatti è circondato da un alone di mistero, che pervade tutto il territorio in una visione mistica, ancora in parte da scoprire.
In esso è stato avviato un progetto di sviluppo che valorizzi le risorse storiche, ambientali e culturali, concependo loro come beni anche economici.
Il progetto di sviluppo prevede, difatti, un recupero conservativo dell’edificato che si configura di grande interesse.
Dalle ricerche e dagli studi condotti la comunità di Borgo Pantano era di origine ebraica. La cura dell’acqua, l’adozione di sofisticate tecniche idriche, la coltivazione di piante officinali e di alberi identificativi della comunità giudaica, sono elementi che accomunano la comunità di Pantano alla cultura ebraica.
Il borgo affonda le proprie origini nel tardo medioevo ed è contemporaneo alla famosa e vicina “farmacia di Rocca” (oggi Roccavaldina). Vari elementi storici e architettonici accostano Pantano alla farmacia. L’architettura dell’edificio, i materiali edilizi utilizzati, il portale cinquecentesco in stile toscano ricordano le abitazioni della vicina Pantano. Inoltre, la documentata appartenenza al viceré Castagna dei casali di Rocca e “Pantani” e la necessità che un balì amministrasse questi casali forniscono una conferma degli studi e delle ricerche effettuate e inseriscono Pantano in un gioco geoeconomico di rilevanza non solo locale. E’ probabile che il borgo fosse un elemento essenziale della filiera della produzione farmaceutica legata a Rocca. In esso si producevano plausibilmente le piante officinali indispensabili per la farmacia, attività nella quale eccellevano gli ebrei.
Nel 1492, con l’editto di espulsione, emanato da Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia, regnanti di Spagna e di Sicilia, si volle cancellare la presenza ebraica dai domini spagnoli.
Il clima di “inquisizione” che seguì all’editto fa comprendere, da una parte, il motivo per cui si sia gradualmente perduta la memoria e, dall’altra, le ragioni per le quali siano stati celati “saperi” (spesso stigmatizzati come eretici) che muovevano economie anche fiorenti.
Partendo da queste origini, il borgo intende riaffermare le sue radici e mira a ricostruire quell’antico centro culturale e del benessere fisico e psichico, un luogo dove sia possibile riappropriarsi dell’antica pratica dell’otium. Un otium inteso nella sua accezione originaria, vale a dire di cura dello spirito e del fisico, in un contesto bucolico, di grande serenità e di contatto con la natura, DeMeter, la grande Madre Terra della cultura mediterranea. Il contatto con la terra implicherà una rivitalizzazione dell’attività agricola e un’attenta pianificazione territoriale, mentre la valorizzazione del passato comporterà una rifioritura delle antiche pratiche artigianali del territorio. Tutto ciò sarà finalizzato alla proposizione di un nuovo stile di vita, responsabile e replicabile, che tenda a riaffermare l’identità di un luogo.